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“Voi mancate di pietà: non volete essere nient’altro che giusto, il che vuol dire che siete ingiusto.”

Fëdor Dostoevskij, L’idiota

 

Il 10 febbraio 1947 entrò in vigore il trattato di pace con cui le province di Pola, Fiume, Zara, e parte delle zone di Gorizia e di Trieste passarono alla Jugoslavia. La cessione dell’Istria fu preceduta e seguita da numerosi episodi di violenza da parte dei seguaci del maresciallo Tito, che, spinti anche da sentimenti di vendetta per la crudele repressione subita nel passato da nazisti e fascisti, volevano “ripulire” dagli italiani (da loro spesso accomunati in modo acritico ai fascisti) quelle terre che avevano acquisito. I cadaveri venivano gettati nei crepacci carsici, le foibe, in maniera che questi omicidi non venissero scoperti. Questa pagina buia di storia ha iniziato ad emergere solo a metà degli anni cinquanta: furono recuperate migliaia di vittime, uomini, donne, bambini, a volte gettati vivi e lasciati morire fra atroci sofferenze.

In questa giornata si ricordano anche quegli istriani, almeno 350 mila, che furono costretti all’esodo, a lasciare case e ogni bene per fuggire con ogni mezzo in Italia dove furono spesso malamente accolti e faticarono a ricostruirsi una vita normale in quella che a tutti gli effetti era la loro patria.

 

Riportiamo qui una poesia di Lina Galli, dal titolo "Esuli", in cui viene riportato il dramma degli istriani costretti a lasciare la loro terra.

A bordo della nave, staccati da Pola
pensavano con ansia alle città
che li aspettavano.
Strappati alla loro terra
che sfilava con le coste bellissime
verso un domani ignoto.
E a Venezia una turba li accoglie
con grida ostili e rifiuta loro il cibo;
e a Bologna il treno non può fermarsi
causa la folla nemica.
I bambini guardano intorno smarriti.
I genitori non hanno più niente da dare a loro.
II domani è un incubo.
Non li sentono fratelli gli Italiani,
una gente da rigettare, esuli.
Essi guardano tutto in silenzio
con gli occhi dilatati
dove le lagrime stanno ferme.
Il dolore di avere tutto perduto
si accresce di questo nuovo dolore.

Pur nella sproporzione dei numeri di questa tragedia rispetto ad altre ben più grandi, sembre giusto che tutti i morti innocenti debbano essere ricordati con pietà e onore, in uno spirito di solidarietà e fratellanza.

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