Voleva solo fare la calciatrice, si è ritrovata portabandiera dei diritti di tutte le donne.
Il 25 ottobre di quest’anno la calciatrice Alice Pignagnoli ha incontrato nell’aula magna dell’istituto Ariosto Spallanzani i ragazzi della 3°, 4° e 5° liceo scientifico ad indirizzo sportivo.
Dopo un iniziale breve riassunto della sua vita: nasce a Reggio Emilia, incontra le prime difficoltà per iniziare a praticare uno sport che ancora ai giorni nostri viene considerato maschile. Subito i genitori non riescono a capire la passione di Alice per questo sport. Gioca in squadre miste di categorie giovanili, poi approda al calcio femminile. ottiene riconoscimenti nell’ambito del calcio della Reggiana femminile fino ad arrivare alla massima serie. Ottiene convocazioni anche con la Nazionale Primavera come portiere. Dal 2006 incomincia a girare l’Italia con diversi ingaggi adattandosi a situazioni non rosee di vita pur di giocare a calcio a buoni livelli. Riesce ad arrivare in serie A anche con il Milan e a partecipare alla Champions League nel 2012.
Nel 2019, in forza al Cesena con contratto di lavoro, rimane incinta: il contratto viene interrotto ma rimane a collaborare con il Cesena per aiutare la squadra con rimborso spese. A 100 giorni dal parto rientra in campo.
Non ottiene lo stesso trattamento nel 2022 quando, a contratto con la Lucchese in serie C, rimane nuovamente incinta. La società non le paga le mensilità arretrate e le intima di lasciare la residenza. La svincolano contro la sua volontà considerando lo stato di donna incinta alla stregua di una malattia. Alice decide di denunciare pubblicamente l’accaduto e di ricorrere contro la società. A questo punto la sua immagine diventa pubblica con l’intervista alle Iene, il sostegno dimostrato da Laura Boldrini Alice comincia a combattere una battaglia che è di tutte le donne: chiede il riconoscimento delle calciatrici di serie A come professioniste ed il riconoscimento di tutti i diritti al lavoro, anche quello di essere madri e pure il diritto di rientrare al lavoro e quindi dare ai padri le stesse possibilità di prendere permessi per i figli nella stessa misura delle madri.
La battaglia è durissima da combattere: in Italia il padre porta lo stipendio, la madre accudisce figli e casa; anche a logica se occorre rinunciare a parte di un contributo alla famiglia si rinuncia a quello della donna perché è solitamente inferiore. Dare le stesse opportunità di scelta alle donne rispetto agli uomini in un paese come il nostro significa creare la possibilità di scegliere: se gli stipendi sono così diversi NON E’ UNA SCELTA; se la legge concede la maternità solo alle madri: NON E’ UNA SCELTA; se il calcio seguito e sponsorizzato in Italia è solo quello maschile e una donna in serie A al massimo guadagna 1.500 euro al mese, mentre per un uomo parliamo di milioni: NON E’ UNA SCELTA.
E’ vero, esistono paesi dove la condizione femminile è ben peggiore, Alice ha giocato a Tel Aviv a porte chiuse, senza nessun uomo presente perché giocavano in pantaloncini…ma ha anche giocato in Olanda, con lo stadio pieno di gente ed esistono paesi, come Canada e Stati Uniti, in cui il calcio femminile è più famoso di quello maschile.
Il suo monito: “non dobbiamo accettare questo, lo faccio per le generazioni che verranno”. Così nasce il suo libro per l’esigenza di tradurre in parole quello che ha vissuto e provato. Il libro è “Volevo solo giocare a calcio”, ne esiste anche una bella riduzione illustrata per bambini.
Incontro interessante per tutti, ma sicuramente maggiormente partecipato dalle ragazze che a fine mattinata, hanno voluto immortalare il momento insieme.